«I sindaci hanno concordato che la giunta dell’Unione, nella sua attuale composizione, rimarrà in carica fino all’approvazione di alcune modifiche statutarie, così come era stato stabilito a giugno. Queste modifiche allo statuto saranno discusse e approvate dall’assemblea entro il mese di novembre. Pertanto, per questo breve periodo, viene confermata la composizione stessa della giunta».
L’Unione è quella dei comuni del Marghine che dai primi di agosto era come ibernata perché rimasta senza assessori (uno, il sindaco di Borore Tore Ghisu, si era dimesso dopo che il presidente e sindaco di Silanus, Gianpietro Arca, aveva sfiduciato l’altro, il sindaco di Bolotana Francesco Manconi).
Lo stringatissimo comunicato che dovrebbe spiegare come sono andate le cose all’ultima riunione di consiglio, praticamente non dice quasi nulla.
A differenza dell’animata e movimentata assemblea dei sindaci che si era riunita una settimana prima, l’ultima, una specie di conclave a porte chiuse durante il quale, se tra i partecipanti sono volate parole grosse, lo hanno fatto a bassa voce, è stata silenziata, tant’è che non è trapelato nulla, neppure un’indiscrezione in confidenza.
Alla fine, dopo tre mesi di accuse e controaccuse e di fango spalato a quattro mani (sui presenti, sugli assenti e sui parenti), si riprende tutti insieme appassionatamente.
Quali sono le modifiche statutarie che si intende approvare non è dato saperlo.
Diciamo che in questa vicenda alla fine hanno chiuso e sigillato porte e finestre e si è andati avanti a lume di candela come se i cittadini non debbano sapere, un po’ come la messa in chiesa prima del Concilio: il prete celebrava dando le spalle alla gente in un latino biascicato, che non capiva neppure il sagrestano, e i fedeli assistevano recitando il rosario, che non c’entrava nulla.
C’è ora da dire che fino a questa tempesta in un bicchiere d’acqua che hanno chiamato “crisi politica” (ma potevano chiamare anche ‘crisi di fegato’), a sapere dell’esistenza dell’Unione dei comuni del Marghine non erano in tanti.
Non è che adesso siano molti di più, dato che l’ente in termini di ricaduta non produce granché e in quanto a rilevanza lascia il tempo che trova.
Anche per questo, dal 21 novembre del 2007, data della sua costituzione, l’Unione è andata avanti con un tranquillo e pacifico avvicendamento dei sindaci fintanto che la temperie non si è fatta inopinatamente vivace. Difficile dire cosa avverrà ora.
Leggendo il comunicato sembra di capire che, modificato lo statuto, si azzera la gestione e si eleggeranno un nuovo presidente e una nuova giunta. Ma non è detto, perché in politica, che in questo caso suona come una parola grossa, può sempre accadere il contrario di quanto era stato previsto. C’è chi dice che siano fenomeni fisiologici della democrazia, altri sostengono che siano comportamenti da banderuole post ideologiche. Nel frattempo la compagine degli amministratori, in un momento in cui si assiste al tentativo di deviare altrove il servizio ferroviario che collega Macomer al capoluogo di provincia servendo gran parte dei comuni della zona, allo spopolamento dei paesi, all’invecchiamento della popolazione e alla sublimazione (nel senso chimico) dei servizi sanitari, anziché schierarsi come una compagine liscia come una sfera di alabastro, al sole dell’estate si è come sciolta e divisa. Si tratta ora di vedere se l’unità ritrovata sarà una vera unità e se arriva in tempo per combattere le grandi battaglie.