Non solo pale eoliche, che non sono belle da vedere, ma anche una distesa di pannelli solari, che dal punto paesaggistico e ambientale sono forse peggio.
Nel 2012 fu realizzato il primo parco fotovoltaico in territorio di Macomer.
Era una novità ed era poca cosa rispetto a quello che si prospetta se passeranno tutte le richieste o anche a quello che si sta realizzando.
Per capire cosa sta accadendo basta affacciarsi verso la vallata di Tossilo dove sono in corso lavori di sistemazione e spianamento di un’area di circa 40 ettari sulla quale, nei prossimi mesi, si estenderà una spianata di pannelli fotovoltaici non proprio bella da vedere e con un impatto paesaggistico potente. Il risultato: territorio consumato tanto, ricaduta economica poca (i proprietari dei terreni riceveranno un compenso per il diritto di superficie del quale non si conosce l’ammontare, ma sicuramente vantaggioso), ricaduta occupazionale zero, vantaggi per il territorio nessuno. Il progetto rientra in un processo di colonizzazione energetica della Sardegna dalla quale i sardi (in questo caso i macomeresi) non avranno alcun vantaggio.
Mentre in Basilicata, grazie agli accordi raggiunti con le compagnie petrolifere, con il “bonus gas” la Regione punta a tradurre per la prima volta i benefici dell’attività petrolifera in una misura concreta a vantaggio della comunità locale, dalla colonizzazione energetica della Sardegna ai sardi non arriverà niente.
Quello avviato in Basilicata è un procedimento che, attraverso la vendita di parte del metano estratto dalle compagnie a ristoro dei costi sostenuti in bolletta per il gas ha permesso, in meno di un anno, di erogare a oltre 140 mila utenze residenziali contributi pari a circa 87 milioni euro. In poche parole, uno sconto in bolletta non da poco.
Nel caso di Macomer e del centro Sardegna (a Ottana basta attraversare la zona industriale per avere un’idea di quale impatto visivo producano i pannelli) e più in generale dell’intera isola, è in atto un asservimento del territorio a interessi che gli sono estranei e senza alcuna ricaduta, se non i danni per ora imprevedibili, che ne deriveranno.
Non si tratta, come vorrebbero i detrattori di chi manifesta perplessità, di essere contrari al progresso o alla tutela ambientale, ma di far sì che questi legittimi e condivisibili obiettivi vengano perseguiti nel rispetto del territorio e della sua popolazione, rigettando soluzioni calate dall’alto che non producono vantaggi per la gente che vive nelle aree interessate. La sensazione è che si stia sfruttando il territorio come nell’Ottocento, quando i boschi della Sardegna furono prima demanializzati e poi venduti dallo stato piemontese ai privati, spesso a speculatori senza scrupoli. Il sistema di sfruttamento dei boschi sardi proseguì ininterrotto fino alla fine del secolo, sotto l’egida del nuovo Stato italiano. Le statistiche sul disboscamento sono spietate. La Sardegna entra nell’800 ricca di boschi, con oltre 500 mila ettari di superficie forestale, e ne esce alla fine del secolo ridotta a meno di 100 mila ettari. I sardi non ebbero alcun vantaggio dal taglio dei boschi (alcuni territori e le popolazioni che ci abitavano rimasero anche senza legna da ardere), come non ne avranno dal consumo del territorio coperto da pannelli fotovoltaici. Intanto nella zona degli impianti sono stati già realizzati negli anni scorsi occupando una vasta area vicino alla zona industriale di Tossilo e più a monte, in territorio di Birori in prossimità degli svincoli tra la Macomer-Nuoro e la ss 131. Negli ultimi anni sono state avanzate richieste per realizzarne anche altri.
Abbiamo la 131, da Cagliari a Sassari, che si potrebbe riempire di tanti pannelli solari, occupando gli spazi già utilizzati con i guardrail. Non solo la 131, ma tutte le altre, provinciali e statali, senza creare nessun impatto, si prestano alle soluzioni, per installare i pannelli solari