Per ora è una mostra, ma l’idea è quella di realizzare un museo dell’orbace, tessuto sconosciuto ai più giovani ma che gli anziani hanno conosciuto col nome di fresi o furesi, a seconda della località o variante linguistica.
A proporla è il Rotary di Macomer, attivo da anni nell’impegno culturale e sociale in città e nel territorio, e a lanciarla è stato un suo socio fondatore, Domenico Falchi, che negli anni scorsi ha realizzato altri importanti progetti culturali e di ricerca sulla storia industriale della città.
La storia dell’orbace è legata all’Alas di Macomer, lo stabilimento lanario nel quale nella prima metà del secolo scorso passava gran parte della lana delle pecore sarde tosata nelle campagne dell’isola. L’Alas, che allora si chiamava Scai, intensificò l’attività con la produzione dell’orbace partendo dal lavaggio della lana sarda per concludersi con la tintura del tessuto finito.
Il Rotary di Macomer si propone di raccontare questa storia realizzando nella vecchia fabbrica acquisita e ristrutturata dal comune, un’esposizione di documenti inediti, materie prime, prodotti, macchinari e strumenti, spesso artigianali che oggi possono sembrare degli oggetti misteriosi mentre in passato erano di uso comune.
Da qui l’invito rivolto al territorio per avviare e partecipare a una raccolta di tutto ciò che è legato all’orbace come pezzi di tessuto, elementi di abbigliamento di uomo e donna, mantelle dei pastori resi impermeabili dal trattamento per trasformare il tessuto di lana in orbace, bisacce, sottoselle per cavalli ed asini, attrezzi per filare la lana e il prodotto finito. Il progetto del Rotary di Macomer è, per certi aspetti, una ricerca sulle tradizioni, l’economia, la cultura e l’identità di Macomer e del territorio.
Punta a realizzare una mostra sulla lana di pecora sarda e sulla sua lavorazione. «I materiali consegnati _ spiegano gli organizzatori _ saranno restituiti ai proprietari, oppure nel caso in cui vengano donati al Club, verranno custoditi nei locali Alas secondo la volontà dei proprietari per dare avvio a una mostra permanente della storia della lana sarda». I soci del Rotary ai quali rivolgersi per mettere a disposizione oggetti e manufatti sono: Silvana Bellai telefono 3480937848, Domenico Falchi tel. 3271039442 e Alfio Coco tel. 3928073077. Vediamo ora cos’è (o cos’era) l’orbace. Si tratta di un tessuto di lana sarda, la quale oggi è una materia prima di poco valore che non viene più utilizzata per produrre maglie o coperte perché risulterebbero pungenti e non gradevoli al contatto con la pelle. Il processo di lavorazione partiva dalla cardatura della lana, che veniva dipanata a mano o con appositi pettini, la filatura, la tessitura e quindi la follatura per provocarne l’infeltrimento, in modo da ottenere un panno fitto, resistente e impermeabile. Quest’ultima operazione, era effettuata tradizionalmente calpestando i tessuti a piedi nudi. In seguito furono adoperati appositi macchinari, le cosiddette gualchiere (sas craccheras), azionate dall’energia idraulica dei corsi d’acqua. Un’ultima testimonianza di gualchiera in Sardegna è in territorio di Tiana, La caratteristica dell’orbace è quella di un panno rozzo, pungente e irritante. Dopo la seconda guerra mondiale venne abbandonato e sostituito con panni più morbidi e comodi, non ultimo il morbidissimo e costoso cachemire, tanto caro ad alcuni personaggi della politica.